Con profonda gratitudine per il dono che è stata Milena,
a vent’anni dalla Sua salita al Cielo, l’abbiamo ricordata in due momenti di festa
che si sono svolti presso la sede dell’Associazione il 28 e il 30 Marzo 2025.
Sono stato coinvolto nella ricerca e nella selezione delle candidature. Così è iniziata la mia storia con il Punto Liberatutti. Nonostante la complessità e la problematicità che accompagnano
sempre i momenti di cambiamento istituzionali, fin dai primi passi, c’era qualcosa — oggi posso dire un’origine chiara — che spingeva ad andare oltre le difficoltà:
la percezione netta che qui ci fosse qualcosa di prezioso, un seme piantato in profondità, una promessa che continuava a generare.
Per questo non mi ha mai stupito il fatto che, anche in quella circostanza il lavoro degli educatori con i ragazzi non abbia mai smesso di esserci. Non solo di esserci, ma di crescere, cambiare, fiorire. L’albero, dice un antico detto, si riconosce dai frutti. E i frutti del Punto sono lì, visibili ogni giorno, a ricordare che l’opera non è un’idea né un’organizzazione: è una vita che continua a generare vita.
Il momento in cui ho conosciuto davvero Milena è stato durante la redazione del primo Bilancio Sociale. Ero di corsa, con poco tempo, e mi sentivo inadeguato. Ma è stato proprio lì che ho incontrato Milena sul serio. Scrivere di lei, ricostruire il suo pensiero, la sua testimonianza, la sua visione educativa, è stata l’occasione per capire meglio perché sono qui e che cosa mi è chiesto. La sua voce — raccolta nei racconti, nei testi, nei video — non è un’eco del passato, ma una presenza reale, generativa, capace di interpellare oggi.
Milena ha fondato il Punto nel periodo più drammatico della sua esistenza, nel pieno della malattia. E proprio in quella fase estrema della vita ha dato forma a un’opera che mette al centro la persona, il suo dolore, la sua grandezza, la sua sete di verità e bellezza. «Vi vogliamo come re e regine», diceva ai ragazzi — e non era una frase d’effetto, ma la sintesi di una visione: quella per cui ogni essere umano è prezioso e irripetibile, portatore di un genio unico che aspetta solo di essere
accolto, visto, liberato.
Oggi, dopo vent’anni dalla sua morte, Milena è qui, e possiamo incontrarla nel modo più fecondo: per come il Signore ne ha fatto strumento e testimone di fede.
La incontriamo attraverso l’opera che ci ha lasciato, attraverso chi ne è stato segnato, attraverso di chi ci lavora, il direttivo, i volontari i soci , ma soprattutto attraverso i ragazzi e i loro educatori— che restano il segno più vivo di quel “sì” detto al Mistero. Un “sì” pronunciato in circostanze tutt’altro che ideali, ma proprio per questo ancora più vero.
In questi sei anni, e in modo particolare nell’ultimo, ho avuto il privilegio di essere accompagnato io stesso. Il mio lavoro — quello di fare compagnia, sostenere, aiutare a ritrovare un cammino condiviso — si è rivelato a sua volta occasione di compagnia ricevuta, di senso trovato, di itinerario condiviso.
Sono grato al Direttivo che mi ha coinvolto, e ancora più grato a Milena. Perché oggi, il suo volto non mi è più sconosciuto. La sua presenza vive nelle parole che usiamo ogni giorno, nei gesti degli educatori, nei laboratori, nella casa che accoglie i ragazzi, nei momenti di crisi e in quelli di gioia. E, soprattutto, vive in quella speranza certa che Milena ancora oggi ci testimonia: una speranza che, nonostante i nostri limiti, resta una ferma testimonianza della sua fede, e che continua a crescere.
Quella speranza, che lei ha saputo chiamare per nome: educazione.
Franco Ferrazza
Sono arrivata al Puntoliberatutti ben vent’anni fa, grazie a un’amica, Francesca Orlandoni, che all’epoca era la coordinatrice del centro diurno. Fu lei a propormi di svolgere il mio tirocinio universitario lì, senza però descrivermi nello specifico di quale luogo si trattasse. Ricordo che era il 5 settembre: mi presentai a Oltrisarco e mi trovai di fronte a una piccola scalinata e a una porta, una porticina d’ingresso di un appartamento, con scritto sopra a mano “Casa d’accoglienza, libera tutti”. La mia prima impressione fu quella di un luogo piccolo, semplice e silenzioso. In realtà, ciò che ho trovato al di là di quella porta è stato un mondo, un po’ come Alice che passa attraverso una minuscola porta e arriva nel paese delle meraviglie. Ecco, questo è ciò che è accaduto a me.
Ho vissuto esperienze meravigliose, bellissime, energiche e impensabili, ma anche spaventose per la loro brutalità. Queste esperienze fanno parte di un luogo del cuore e della mente, dove chiunque vi accede viene accolto per la persona che è, senza giudizio, con il costante accento sul positivo e sulla bellezza personale, sull’unicità di ciascuno. Il PuntoLibera Tutti è un luogo di incontro per chiunque entri a farne parte: qui si percepisce un desiderio di relazione e di bellezza per l’altro, un legame autentico che talvolta si spinge anche oltre i “confini del lavoro”.
Un aspetto che vivo quotidianamente è l’atmosfera di casa che si respira. Per me, il Punto è diventata una sorta di famiglia, con i suoi valori: amore, tolleranza, rispetto e responsabilità. È un luogo intergenerazionale, dove ci si incontra e ci si sostiene vicendevolmente per crescere nella solidarietà.
Libertà e bellezza sono due aspetti fondamentali di questo luogo educativo, estesi sia agli educandi che agli educatori. Ciò che proponiamo è una possibilità, un’esperienza per sé, sempre orientata alla bellezza, e che non si limita al bisogno o alla mancanza. Noi vediamo e mettiamo in risalto i talenti e le attitudini delle persone con cui instauriamo una relazione. Come operatori, piantiamo dei semi insieme, ma rispettiamo la libertà di ognuno di crescere al proprio ritmo, certi che quel seme avrà un effetto duraturo nella vita di quella persona. È qui che ho imparato ad accogliere l’altro come re e regine, potenziandone le risorse e il valore intrinseco.
Ricordo l’esperienza con due ragazze segnate da percorsi personali e scolastici fortemente demotivanti, le quali vivevano nei diversi contesti di vita svalutazione e mancanza di possibilità di realizzazione di sé. Dopo anni di accoglienza e sostegno, e di restituzione a loro della possibilità di riuscire, entrambe hanno raggiunto obbiettivi professionali importanti; ma soprattutto hanno acquisito la consapevolezza del proprio valore.
Il metodo educativo rappresenta la chiave di tutto. Il “Punto Liberatutti” è un luogo che ha costituito il mio percorso educativo, innanzitutto insegnandomi a guardare me stessa nella mia totalità e complessità, senza pretese e libera dalla preoccupazione per l’esito del mio lavoro; ho appreso a non concentrarmi sul risultato immediato, ma piuttosto sul percorso di crescita, sull’essere presenti nel cammino di ognuno.
Lavorare al “Punto Liberatutti” è impegnativo non tanto per la presenza di situazioni “difficili”, ma soprattutto perché la passione per la persona e il reale desiderio di essere una risorsa per chi viene accolto, richiedono un continuo lavoro di ricerca, di sviluppo di strategie, di programmazione, di ampliamento delle tecniche, di confronto e supervisione. Tuttavia, questa sfida è vita stessa, è ciò che rende significativo il nostro impegno.
L’idea che siamo fatti per qualcosa di bello, che ogni persona, in qualsiasi situazione di partenza tenda a ciò, è uno dei cardini del metodo educativo che ho imparato e fatto mio strumento di lavoro. Il viaggio al Polo Nord è stato intrapreso per proporre ai ragazzi tale esperienza di corrispondenza, e alimentare in loro le dimensioni del bello, dello stupore e della possibilità. Ricordo della meraviglia nei loro occhi di fronte alla maestosità dei Fiordi, l’avventura sulla nave spacca ghiaccio e nel villaggio Suomi con le slitte trainate dai cani con solo la luna come luce; e di come “immersi” in tale dimensione i nostri ragazzi abbiano imparato ad allargare il proprio sguardo.
Un’altra grande esperienza di bellezza è stata la vacanza estiva con le famiglie del servizio di educativa domiciliare della scorsa estate, durante la quale c’è stato un livello di coinvolgimento, complicità e legami particolarmente significativi. Ciò è stato possibile grazie all’impegno quotidiano degli operatori e delle famiglie, e alla qualità della relazione educativa costruita gradualmente nel tempo. Si percepiva quindi un livello di fiducia e familiarità che ha reso l’esperienza una vacanza tra persone in cui il gruppo dei tre educatori (Gianni, Maria e la sottoscritta) si è posto ed è stato percepito come compagnia premurosa e attenta.
Altro aspetto fondamentale del nostro metodo educativo è il concetto di sfida, intesa come provocazione alla libertà dell’altro. Sfidare i ragazzi nel riuscire a fare, nell’andare fino in fondo a un loro desiderio, nel compiere un’impresa…Chiunque oramai è a conoscenza di come sia nato il viaggio a N.Y., ma anche tanto altro che avviene nel vivere e condividere con loro, nasce dalla stessa intuizione educativa; come ad esempio la rappresentazione teatrale del Piccolo Principe, o nel suo piccolo il laboratorio di biciclette di Gabriele Guatteri nel quale partendo da zero i ragazzi sono stati accompagnati a costruirsi ognuno la propria fixed.
Terminando, vorrei ringraziare : i bambini, i genitori, i colleghi e i professionisti che ho incontrato lungo questo lungo percorso, che si rinnova quotidianamente, con il forte desiderio di bene, di cura e di relazione, propri della famiglia sociale che siamo diventati.
Punto Liberatutti odv - Via Druso, 313 - 39100 Bolzano - info@puntoliberatutti.it - Tel. 0471 069800